LE DONNE DELLA CIRIO

1966 donne al lavoro nello stabilimento Cirio di Porto Ercole.

Un’onda bianca, spumeggiante ci faceva mettere da parte. Noi bambini le guardavamo sfilare, la maggior parte di loro in bianco, sorridenti,con il copricapo da lavoro, molte giovani che come tali civettavano tra loro.

Qualcuna, conoscendoti, veniva a darti un gesto d’affetto che molte volte ti faceva voltare per il forte odore che emanava. Altre più serie, austere e veloci: di quella velocità’ che ti fa capire che non era il caso di perdere tempo, aspettava loro un altro lavoro: la cura della famiglia. Avevano interrotto la partita sul campo situato tra l’arco e l’odierno bar “Piazzetta”.

Le nostre partite erano tempi lunghissimi, interrotte dalle merende di Gina, la materna bottegaia che occupava l’attuale “Tropix” e l’interruzione più lunga, quella a cui ci obbligavano loro: le donne della Cirio.

Una scia bianca che scendeva dallo stabilimento, percorreva il breve tratto di lungomare per poi continuare nei vari percorsi all’interno del paese.

La Cirio nasce nel 1926 per la lavorazione e l’inscatolamento del pesce azzurro pescato dalle barche del posto,” Società’ generale delle conserve alimentari” fu’ fondata da Francesco Cirio, piemontese che  fu’ tra i primi a sperimentare il metodo Appert; cioe’ eliminare l’aria dai contenitori dopo averli riempiti con materie alimentari.

Ex Stabilimento CIRIO Porto Ercole

Fu’ pero’ il suo erede Pietro Signorini che rafforzo’ le capacita’ produttive costruendo nuovi stabilimenti tra i quali quello di Porto Ercole.

Creo’ la cassa di sovvenzione e malattie unicamente dalle casse della societa’, realizzo’ in tutti gli stabilimenti le mense per impiegati e operai . La gestione Signorini duro’ fino al 1970.

La Cirio passo’ al gruppo IRI. La storia , si sa, cambia ” secondo i suoi tempi.

Per come stava andando il mondo, anche la “nostra” Cirio risenti’ di ciò che stava mutando intorno. Chiuse definitivamente i cancelli nel 1984. Nelle foto che ritraggono queste capaci lavoratrici si nota il rigore e la compostezza, i prodotti che uscivano erano di alta qualità’, con il merito che andava diviso tra la materia prima pescata “sotto” il nostro mare e la professionalità’ delle donne.

Oggi produrrebbe ottimi cibi a kilometro zero come si dice nella lingua del gastronomo moderno. Queste prelibatezze sarebbero postate sui social  con un elevatissimo numero di recensioni positive.

Con quei prodotti bastava poco, quasi niente, anche senza fuoco per creare un gran mangiare : acciughe arrotolate con cappero, in salsa di pomodoro piccante, acciughe e sardine sottolio, tonno (arrivava da fuori la maggior parte).

Nonostante le loro fatiche, i dubbi, i pensieri, le difficoltà, nonostante non si può essere sempre felici sul posto di lavoro, io le ricordo sorridenti, scendere da quella lieve discesa con le loro conversazioni, pettegolezzi e consigli. Molte sono entrate ragazzine e sono uscite donne scegliendosi il proprio futuro, alcune continuando, altre sposandosi hanno portato la “dote” e si sono fermate. Credo che quasi tutti in famiglia abbiamo avuto una o piu’ componenti che ha fatto l’esperienza la’, in quel luogo ancora presente, che ancora resiste, quasi a non volersi distaccare da un posto tanto bello .

Ma, credo che non dovra’ essere cosi. La gioventù’ si rinnova e con lei si rinnovano i luoghi, i lavori e le professioni.

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